Saturday, October 17, 2015

La voce mancante

I view adoption to be a necessary solution to an unfortunate need. It’s a tragic situation for one family (birthparents) while simultaneously offering great joy for another (adoptive parents). Adoptees sit between the two.

We can recognize the tension of their position, and the role of adoption in our communities, when we listen to adoptees. Their stories grieve and mourn the loss of their first family, celebrate their adoptive family, and everything in between.

Tratto da "The missing voice in the adoption conversation" di Angela Tucker (qui il link all'articolo)


Parole sante.


Monday, October 12, 2015

Rosso, arancione e giallo

Oggi era il giorno del Ringraziamento qui in Canada e noi abbiamo festeggiato con una passeggiata sul Monte (Mont-Royal, ndR) e una pumpkin pie (naturalmente senza glutine).

Di grazie da dire ne abbiamo infiniti soprattutto in quest'ultimo periodo, ma oggi, dopo un'immersione nei colori che il Quebec sa regalare in autunno, ci sentivamo di ringraziare in special modo per questi colori, che fossero essi in versione fogliacea o commestibile. Perché ricordiamoci che tra poche settimane qui sarà tutto bianco e quest'esplosione di colore sembra essere fatta apposta per riempirci gli occhi e farci fare le scorte in vista dei mesi a venire. 





E di chi mai sarà quel buco-impronta lasciato da un ditozzo goloso?!

Per la pumpkin pie, mi sono rifatta alla ricetta di Debbie Perelman di Smitten Kitchen, mio riferimento per le ricette americane. La frolla senza glutine è invece ispirata a quella del libro "La tartine gourmande" di Beatrice Peltre.

Per la pasta frolla
60 g di farina di tapioca
40 g di farina di sorgo
40 g di farina di riso bruno
1 cucchiaino di psyllum husk
50 g di zucchero
100 g di burro
1 uovo
3 cucchiai di acqua fredda 

Setacciare le farine con lo psyllum e lo zucchero. Aggiungere il burro tagliato a pezzetti e lavorare il composto con la punta della dita fino a farlo diventare sbricioloso. Aggiungere l'uovo ed eventualmente l'acqua fredda se l'impasto fosse ancora troppo secco. Formare una palla e metterla a riposare in frigorifero per almeno 30 minuti, in modo che si rassodi.
Nel frattempo, preriscaldare il forno a 200 gradi C e preparare il ripieno:

Per il ripieno
300 g di zucca cotta (meglio se al forno, poiché rimane più asciutta) e frullata
100 g di zucchero
cannella, zenzero e noce moscata secondo il gusto personale (io: un cucchiaino di cannella, mezzo di zenzero, una grattatina veloce di noce moscata)
200 ml di panna
2 uova

Mescolare la zucca frullata (io ho usato una zucca butternut) con lo zucchero e le spezie, aggiungere quindi le uova e in ultimo la panna.

Stendere la frolla con un matterello su di un foglio di carta da forno, dandogli una forma rotonda di dimensioni poco più grandi della teglia che si userà, quindi adagiare la pasta sulla teglia e aggiustare i bordi. Versarvi la crema del ripieno ed infornare a 200 gradi per 10 minuti, dopodiché ridurre a 180 gradi e proseguire la cottura per altri 30 minuti. Il centro della torta deve rimanere morbido, ma non liquido. Estrarre dal forno e lasciare raffreddare completamente prima di servire.


Sunday, October 11, 2015

Sapere

Implorai e venne in me lo spirito di sapienza.
La preferii a scettri e a troni,
stimai un nulla la ricchezza al suo confronto,
non la paragonai neppure a una gemma inestimabile,
perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia
e come fango vale di fronte a lei l’argento.
 

L’ho amata più della salute e della bellezza,
ho preferito avere lei piuttosto che la luce,
perché lo splendore che viene da lei non tramonta.


Dal libro della Sapienza (7, 7-11)


È significativo che il verbo latino sàpere indichi non solo "avere conoscenza", ma anche "essere gustoso" e del resto anche in italiano quest'unica radice accomuna sapere e sapore.  
Enzo Bianchi "Il pane di ieri". Einaudi, 2008




Ci sono persone sagge e poi ci sono persone sapienti, quelle che, oltre a essere sagge "sanno" di qualcosa e lasciano in chi le incontra la traccia del loro gusto, come un filo di olio buono su una fetta di pane o un bicchiere di vino rosso in una fredda sera d'inverno. 
Ecco, a me prima o poi piacerebbe diventare sapiente.

Tuesday, October 6, 2015

Ragù

Di regola il Teodolindo ed io non mangiamo carne, ma esistono eccezioni alla regola. Queste si verificano quando i nostri principi etici perdono la priorità rispetto ad altro, come ad esempio la cortesia ed il rispetto verso chi ci invita a cena.
L'eccezione più importante è senza dubbio rappresentata dal cucinare al Sig. Tenace piatti che più di altri rappresentano la tradizione delle nostre famiglie, per far in modo che lui si inserisca nella nostra storia familiare passando anche per gli odori, i sapori e i racconti. Tra questi piatti, c'è il ragù secondo la ricetta di mia madre.

Quel che mi piace della ricetta del ragù è che, più dei dialetti, cambia non solo da città a città, ma anche da casa a casa. Il ragù di mia madre non è ortodosso, e i puristi storceranno il naso a leggere che la carne, da noi, si bagna con il vino bianco e che i funghi secchi sono fondamentali, ma è il nostro ragù e il suo profumo è per antonomasia l'odore della cucina di casa dei miei.



Si fa un soffritto con carote, sedano e cipolla tritati finemente. Si aggiunge la carne trita bovina (per me quella di queste mucche qui) e  si fa rosolare a fuoco vivace, quindi si bagna con vino bianco secco e si lascia evaporare. Si aggiungono i funghi secchi, precedentemente messi in ammollo, dopodiché è il turno dei pomodori pelati che si uniscono alla carne. Si aggiusta di sale e pepe e si lascia quindi sobbollire a fuoco basso per almeno un'ora, ma se possibile anche due.




Stasera l'ho cucinato dopo molto molto tempo e il Sig. Tenace ha potuto assaggiarlo per la prima volta. Mentre il ragù cuoceva, di tanto in tanto lo prendevo in braccio (il Sig. Tenace, non il ragù) e gli facevo vedere cosa capitava sotto il coperchio della pentola, gli facevo respirare l'odore che si sprigionava, sperando che il tutto inizi a fissarsi nelle sue narici e nei suoi occhi. Gli raccontavo che è il ragù della Nonnameglia, e che quando finalmente la incontrerà di persona, sicuramente la nonna glielo cucinerà.


A proposito di ragù, Fabio Picchi, chef fiorentino, ha scritto delle parole che mi piacciono molto. Queste:

"Se non avete avuto nonne, mamme, zie, sorelle, amiche capaci di farvi vedere e rivedere come si fa il loro Ragù, la saggezza mi obbligherebbe a consigliarvi la rinuncia. Ma seguendo il dettame del bussate e vi sarà aperto, vi invito alla Pratica. Andate dai vostri vicini di casa, dai vostri parenti, fermatevi lì dove il vostro naso vi dice che sta sobbollendo lentamente un ragù, e chiedete di entrare in quelle cucine. Cortesia e gentilezza, che d'altronde è bene usare anche all'inferno, sono d'obbligo. Se non vi sarete presentati a mani vuote, potrete forse anche ricevere l'invito di rimanere a pranzo o a cena per golosità certa, ma anche per continuare l'infinito studio sui ragù, sui loro perché, sui loro quando, sui loro dove. […] Niente e' più difficile di un ragù perfetto. Anni di studio, anni di libri letti mentre lui sobbolle per tre quattro ore nel canto del fuoco. Libri di ogni argomento, il tempo che il ragù regalerà a voi stessi deve essere pari all'amore che gli porterete. [...] Il ragù è la prova di Dio. Come un carbone ardente vi farà urlare se non avrete fede. Viceversa, come in preghiera, percepirete, prima durante e dopo, i suoi benefici effetti."

da "I dieci comandamenti per non far peccato in cucina", 2009 Mondadori.

Thursday, October 1, 2015

Meanwhile in London...

La Royal Academy of Arts dedica una mostra personale ad Ai Weiwei.
Come sempre per Ai Weiwei

Everything is art,
Everything is politics. 

E la personale alla RA ben lo dimostra:

Remains (2015), ovvero la riproduzione in porcellana dei resti umani ritrovati nel sito di un campo di lavoro dei tempi di Mao, proprio uno di quei campi di lavoro in cui il padre di Ai Weiwei fu rinchiuso come intellettuale dissidente.

Remains, 2015


Free speech puzzle (2014), ovvero la cartina della Cina suddivisa nelle sue province, riprodotta su porcellana dipinta a mano secondo lo stile imperiale della dinastia Qing. Secondo tale stile, il nome della famiglia veniva scritto all'interno dell'opera in porcellana: il nome scelto da Ai Weiwei per ogni pezzo del puzzle è proprio "Free speech", che diventa quindi il nome della Cina intera e di ogni suo cittadino.

Free speech, 2014


Surveillance camera (2010), riproduzione in marmo di una di quelle venti videocamere della polizia che sorvegliano le attività di Ai Weiwei giorno e notte. 

Surveillance camera, 2010

La mostra prosegue fino al 13 dicembre 2015, per chi passasse da Londra e volesse fare un salto...